La discesa dell'anima in questo mondo

21/09/2011 Off di Miriam Oryah

Rabbi Avraham Sutton

I Parte

Leggiamo nella Torah: “Hashem disse ad Avram (Abramo), Lekh lekha – vai a te stesso!” (Genesi 12:1). Questo versetto ha vari livelli di significato. Secondo lo Zohar, uno di questi livelli riguarda la neshama (l’anima divina), il cui nome in codice è Avram (Zohar Sitrei Torah 1:66b).

Il Baal Shem Tov, basandosi su questo insegnamento dello Zohar, ci ha insegnato che la neshamah non è proprio interessata a scendere in questo mondo dalla dimensione spirituale, dove è completamente unita ad Hashem (Dio). Questo mondo, infatti, è un mondo pericoloso per la neshamah, in quanto ci sono ogni genere di trappole e chi può sapere se la neshamah riuscirà a tornare a casa intera (v. Keter Shem Tov #26-27).

Hashem sa come andranno le cose, la neshamah non può limitarsi a restare in cielo, deve scendere per perfezionare il corpo, e insieme al corpo trasformare e perfezionare l’intero mondo fisico, perché è solo elargendo perfezione ad un altro che essa può veramente diventare perfetta.

Hashem quindi dice ad Avraham, la  neshamaha,Lekh lekha vai a te stesso.” Rashi dice che “a te stesso” significa “per il tuo bene, a tuo vantaggio.” Lo Zohar interpreta così: “a te stesso, per il tuo tikun (perfezionamento).” (Zohar 1:77b)

La neshamah quindi deve lasciare la dimensione spirituale superiore per scendere in questo mondo fisico, in cui Hashem (Dio) è completamente nascosto. Rivelando la presenza di Hashem su questa terra, l’anima può diventare ciò che è veramente, ovvero essere se stessa.

Hashem quindi le impone, Lekh lekha me’artzekha — Esci dalla tua terra [la dimensione spirituale più elevata, Atzilut]; mi’moladetekha — dal tuo luogo natio [la dimensione inferiore seguente, Beriah]; umi’beit avikha — dalla casa di tuo padre [la successiva dimensione inferiore, Yetzirah]; el ha’aretz asher arekha — e vai nella terra che ti mostrerò [Asiyah].”( Il versetto non dice realmente “nella terrà che ti mostrerò,” ovvero el ha’aretz asher areh lekha, ma invece el ha’aretz asher arekha. Arekha significa qualcosa di più che non “ti mostrerò”, significa invece “Ti mostrerò te stesso,” cioè “Ti mostrerò chi sei veramente”.) Solo in questo mondo inferiore la neshamah può scoprire chi è veramente.

Per compiere il suo lavoro in quel luogo così infimo, l’anima va protetta, deve avere un modo per connettersi al suo Sé superiore (Dio). L’attrazione di questo mondo, così lontano dalla santità, è così forte che senza avere qualcosa che ci ricordi chi siamo, non abbiamo possibilità di uscirne vivi, per non parlare di riuscire a perfezionare qualcosa.

Per aiutarci a restare connessi al nostro Sè superiore, Hashem ci ha dato una delle Sue armi più potenti, la capacità di connetterci a Lui con la preghiera.

La preghiera è il nostro modo per superare il paradosso della nostra separazione da Hashem. In preghiera entriamo nella realtà interiore, spirituale, vincendo l’illusione imposta dal mondo. Nella realtà interiore, superiore dell’esistenza, abbiamo un assaggio della redenzione, nel santo dei santi della nostra anima, passiamo dallo sperimentarci dei corpi contenenti un’anima a sentirci anime con dei corpi. Uniamo il corpo all’anima, l’Olam Hazeh (questa piccola bolla di mondo in cui viviamo) con l’Olam Haba (il mondo più grande superiore al nostro).

Il potere della preghiera

Avraham, più di qualsiasi altro personaggio della Bibbia, incarna la preghiera. Lo vediamo in un versetto biblico che si ripete per cinque volte (tre volte per Avraham, una per Yitzchak/Isacco, e una per Moshe/Mosè).

La prima volta che questo versetto compare è dopo l’arrivo per la prima volta di Avraham in Eretz Yisrael, proveniente da Charan (Iraq, Mesopotamia), che inizia il suo percorso lungo la terra d’Israele, stabilendo la sua tenda in luoghi diversi:

א) וַיֹּאמֶר יְדֹוָד אֶל אַבְרָם לֶךְ לְךָ מֵאַרְצְךָ וּמִמּוֹלַדְתְּךָ וּמִבֵּית אָבִיךָ אֶל הָאָרֶץ אֲשֶׁר אַרְאֶךָּ… (ד) וַיֵּלֶךְ אַבְרָם כַּאֲשֶׁר דִּבֶּר אֵלָיו יְדֹוָד… (ה) וַיִּקַּח אַבְרָם אֶת שָׂרַי אִשְׁתּוֹ וְאֶת לוֹט בֶּן  אָחִיו וְאֶת כָּל רְכוּשָׁם אֲשֶׁר רָכָשׁוּ וְאֶת הַנֶּפֶשׁ אֲשֶׁר עָשׂוּ בְחָרָן וַיֵּצְאוּ לָלֶכֶת אַרְצָה כְּנַעַן וַיָּבֹאוּ אַרְצָה כְּנָעַן. (ו)  וַיַּעֲבֹר אַבְרָם בָּאָרֶץ עַד מְקוֹם שְׁכֶם עַד אֵלוֹן מוֹרֶה… (ז) וַיֵּרָא  יְדֹוָד אֶל אַבְרָם וַיֹּאמֶר לְזַרְעֲךָ אֶתֵּן אֶת הָאָרֶץ הַזֹּאת וַיִּבֶן שָׁם מִזְבֵּחַ לַידֹוָד הַנִּרְאֶה אֵלָיו. (ח) וַיַּעְתֵּק מִשָּׁם הָהָרָה מִקֶּדֶם לְבֵית אֵל וַיֵּט אָהֳלֹה בֵּית אֵל מִיָּם וְהָעַי מִקֶּדֶם וַיִּבֶן שָׁם מִזְבֵּחַ לַידֹוָד וַיִּקְרָא בְּשֵׁם יְדֹוָד. (ט) וַיִּסַּע אַבְרָם הָלוֹךְ וְנָסוֹעַ הַנֶּגְבָּה. (י) וַיְהִי רָעָב בָּאָרֶץ וַיֵּרֶד אַבְרָם מִצְרַיְמָה לָגוּר שָׁם כִּי כָבֵד הָרָעָב בָּאָרֶץ:

(1) Hashem disse ad Avram: “Esci dalla tua terra, dal tuo luogo natio, e dalla casa di tuo padre, e vai nella terra che ti mostrerò …” (4) E Avram uscì come Hashem gli aveva comandato… (5) E Avram prese Sarai sua moglie, e Lot suo nipote, come pure tutti i possedimenti acquisiti, incluse tutte le anime che avevano fatto [convertito] in Charan, e partirono per raggiungere la terra di Canaan; e arrivarono nella terra di Canaan. (6) E Avram percorse la terra, raggiungendo per ultimo il luogo di Shekhem; [specificamente] Elon Moreh… (7) Hashem apparve ad Avram dicendogli “Dò questa terra alla tua prole.” E Avram costruì in quel luogo un altare ad Hashem, che Gli era apparso. (8) Poi da lì si spostò verso la zona delle montagne ad oriente di Bet El. Piantò la sua tenda tra Bet El ad occidente e Ay a oriente. Lì costruì un altare ad Hashem, vayikra beshem Adonai — e invocò il Nome di Hashem. (9) Avram poi iniziò a viaggiare verso il sud nel Negev. (10) [Finamente, poichè] c’era una carestia nella terra, Avram proseguì verso l’Egitto Mitzrayim, per soggiornarvi [temporaneamente], perché la carestia si era intensificata nella terra (Genesi 12:1-10).

Nel suo ritorno da Mitzrayim, Avraham ripercorre la strada fatta all’andata:

א) וַיַּעַל אַבְרָם מִמִּצְרַיִם הוּא וְאִשְׁתּוֹ וְכָל אֲשֶׁר לוֹ וְלוֹט עִמּוֹ הַנֶּגְבָּה: (ב) וְאַבְרָם כָּבֵד מְאֹד בַּמִּקְנֶה בַּכֶּסֶף  וּבַזָּהָב: (ג) וַיֵּלֶךְ לְמַסָּעָיו מִנֶּגֶב וְעַד בֵּית אֵל עַד הַמָּקוֹם אֲשֶׁר הָיָה שָׁם אָהֳלֹה בַּתְּחִלָּה בֵּין בֵּית אֵל וּבֵין הָעָי: (ד) אֶל מְקוֹם הַמִּזְבֵּחַ אֲשֶׁר עָשָׂה שָׁם בָּרִאשֹׁנָה וַיִּקְרָא שָׁם אַבְרָם בְּשֵׁם יְדֹוָד:

(1) E Avram salì da Mitzrayim, lui e sua moglie e tutta la sua casa, insieme a Lot, verso il sud [della terra d’Israel]. (2) E Avram era estremamente carico di bestiame, d’argento e d’oro. (3) Viaggiò così a intervalli, dal Negev nel sud fino a Bet El, nel luogo dove aveva piantato precedentemente la sua tenda [cioè prima di essere sceso in Mitzrayim]; tra Bet El e Ay. (4) Il posto dove aveva costruito il suo primo altare. Vayikra sham Avram beshem Adonai — e Avram invocò lì il Nome di Hashem” (Genesi 13:1-4).

Il terzo episodio avviene quando Avraham all’età di 100 anni, poco prima della nascita di Yitzchak: לג)   וַיִּטַּע אֵשֶׁל בִּבְאֵר שָׁבַע וַיִּקְרָא שָׁם בְּשֵׁם יְדֹוָד אֵל עוֹלָם:

(33) piantò un frutteto [e una casa per gli ospiti] in Bersheva, vayikra sham beshem Adonai El olam — e invocò il Nome di Hashem, il Dio eterno (Genesi 21:33).

Nel quarto esempio di questa versetto chiave, troviamo Yitzchak, il figlio beneamato di Avraham, fare come il padre, come lui scavò dei pozzi. Subito dopo averne chiamato uno Rechovot (espansioni), “perchè Hashem ci ha ingrandito e ci ha permesso di moltiplicarci nella terra” (Genesi 26:22), Yitzchak va a Bersheva dove Hashem gli appare in un sogno:

כד) וַיֵּרָא אֵלָיו יְדֹוָד בַּלַּיְלָה הַהוּא וַיֹּאמֶר אָנֹכִי אֱלֹהֵי אַבְרָהָם אָבִיךָ אַל תִּירָא כִּי אִתְּךָ אָנֹכִי וּבֵרַכְתִּיךָ וְהִרְבֵּיתִי אֶת זַרְעֲךָ בַּעֲבוּר אַבְרָהָם עַבְדִּי: (כה) וַיִּבֶן שָׁם מִזְבֵּחַ וַיִּקְרָא בְּשֵׁם יְדֹוָד וַיֶּט שָׁם אָהֳלוֹ וַיִּכְרוּ שָׁם עַבְדֵי יִצְחָק בְּאֵר:

(24) E Hashem gli apparve quella notte dicendogli, “Io sono il Dio di Avraham tuo padre. Non temere, perché sono con te. Ti benedirò e moltiplicherò la tua progenie, per amore del mio servo Avraham. (25) Ed egli costruì un altare in quel luogo, vayikra beshem Adonai — e invocò il nome di Dio… (Genesi 26:24-25).

Il Midrash e il Talmud spiegano che quando Avraham invocava il Nome di Hashem questo significa che insegnava la Torah. (Bereshit Rabbah 39:16, Sotah 10a-b. V. Ramban, Rabbenu Bachya, su Genesi Genesi 21:33, che Avraham insegnava le più profonde verità
metasifiche su Hashem).  In un altro passo è detto che la Torah è come acqua pura che esce da un pozzo (Berakhot 56b)  . Per questo tutti i patriarchi, ovunque scavarono un pozzo dopo aver trovato l’acqua nel deserto, fondarono al contempo delle scuole di Torah. Precisamente in quei luoghi dove l’acqua fisica sgorgava dal basso, essi incanalarono acqua
spirituale (la Torah profetica) dall’Alto.

Onkelos traduce coerentemente, “Vayikra sham Avram beshem Adonai,” come “Vetzali taman Avram beshema d’Adonai — e Avram pregò in quel luogo nel Nome di Hashem.” Vediamo dunque che quando Avraham invocava il Nome di Hashem questo significa che radunava degli studenti insegnando loro come pregare.

Non c’è contraddizione, la Torah è una rivelazione dall’Alto della volontà di Dio e la preghiera è il nostro desiderio dal basso di ciò che Dio vuole. Avraham prima incanalò giù la Torah dall’alto, volgendosi poi verso Dio pregandoLo per l’avveramento di ciò che stava rivelando suo tramite. Avraham fece coincidere nella preghiera la sua volontà terrena alla Volontà divina celeste.

In uno stadio successivo della sua vita, Avraham entrò in uno stato di profezia talmente
profondo che incanalare la Torah dall’Alto e pregare Hashem in basso diventarono una cosa sola. In quello stato altamente sintonizzato, frantumò ogni illusione di dualità: c’è solo l’unità divina. Comprese che al livello più profondo dell’esistenza, la nostra capacità di pensare, parlare, fare ed esistere ci viene data da Hashem. Per questo invocare il Nome di Hashem è così profondo, perchè vinciamo l’illusione della dualità nel modo più perfetto possibile.

La quarta volta che incontriamo la frase vayikra beshem Hashem è nel Libro dell’Esodo. Questa volta vediamo Moshe (Mosè) sul Monte Sinai, in un’incredibile scena della Torah incorporata poi nel Tachanun (la parte delle nostre preghiere mattutina e pomeridiana immediatamente dopo l’Amidah). La differenza è che questa volta è Hashem stesso che invoca nel Nome di Hashem. Vediamo dunque cosa questo significhi.

…continua…..

Se sei interessato a leggere la continuazione di questa lezione, e se sei interessato a  scriverti alla nostra scuola di cabalà per leggere e studiare altre e profonde lezioni  ull’anima e la Cabalà, iscrivi alla nostra scuola di Cabalà via e-mail da Gerusalemme – Israele. Per informazioni scrivere a scuoladicabala@gmail.com

 


[1] Isacco

[2] Mosè

[3] Bereshit Rabbah 39:16, Sotah 10a-b. V. Ramban, Rabbenu Bachya, su Genesi Genesi 21:33,
che Avraham insegnava le più profonde verità metasifiche su Hashem.

[4] Berakhot 56b.

Seguici e fa like!